I luoghi della grande guerra

Altipiano di Doberdò


    Doberdò del Lago (GO)


Le strade che, partendo da Sagrado, da Redipuglia e Selz, salgono tortuose lungo le pendici della muraglia carsica, s'incontrano, convergendo, sul pianoro nel punto in cui sorge il villaggio di Doberdò. Centro di questa sterile e sassosa regione, offrì ospitalità a poche decine di famiglie, rappresentanti di quella razza slava che - pian piano - veniva migrando verso il nostro bel Paese. Esse fuggirono all'inizio della guerra lasciando i pochi arredi e trascinando con sè gli scarsi armenti. La furia bellica ridusse presto il villaggio di Doberdò un cumulo di macerie; chè le artiglierie, fin dall'epoca in cui le nostre truppe lottavano sanguinosamente e strenuamente al di là dell'Isonzo sui baluardi del S. Michele, del Sei Busi e sulle colline di Selz, Vermegliano e Monfalcone, presero di mira quella località, quale punto strategico e logistico del nemico. Quando, dopo le epiche giornate dell'agosto 1916, i nostri soldati, con magnifico slancio, si spinsero fino al vallone di Doberdò, trovarono il paese distrutto dal nostro fuoco. Da allora anche l'ira nemica infuriò sul disgraziato villaggio. Come tutti gli edifici, anche la povera chiesetta fu ridotta in rovine; solo un muro rimaneva intatto; gli altri erano diruti o screpolati; il tetto, squarciato, lasciava vedere il cielo. I nostri fecero del luogo pio, alla meglio riattato, una sezione di sanità, alla quale ben presto affluirono i numerosi feriti delle battaglie sanguinose. Nell'interno della Chiesa non più arredi, non più sacre immagini: solo erano rimaste, nella furia distruttrice, un S. Francesco sui gradini dell'altare maggiore e l'immagine della sesta stazione, il Cristo che porta la croce. E il luogo senza preghiere si convertì in luogo di dolore; sulla paglia venivano adagiati i feriti scendenti dal triste ma glorioso calvario.
Si combattè fino al 10 agosto 1916 sul bordo occidentale e poi fino a maggio del 1917 su quello orientale quando l'esercito italiano occupò Jamiano.

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